I soldi degli psicologi ripagheranno debiti che non abbiamo contratto?

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Cari colleghi,

dispiace disturbare le ferie, per chi le ha già cominciate, o generare qualche preoccupazione a coloro che sono in attesa di partire ma l’operazione che il governo sta cercando di mettere in porto con le casse di previdenza private ci rende necessariamente vigili sulle sorti del denaro che versiamo alla nostra cassa di previdenza.

Cosa sta succedendo

Come probabilmente avete appreso dai giornali alcune banche, in particolare MPS (Monte dei Paschi di Siena) sono sotto la lente di ingrandimento perché possiedono un grande quantitativo di crediti deteriorati; per il solo Monte dei Paschi si parla di circa 27 miliardi di euro lordi (10 netti) che mettono a rischio la stabilità di questo istituto di credito. Lo Stato però non può intervenire direttamente per salvare la banca perché l’Europa in questi casi non permette gli aiuti di Stato.

Che cosa ha escogitato il Governo?

Non potendo fornire aiuti in maniera diretta il Governo ha adottato questa strategia: creare un fondo costituito da capitali privati, chiamato Atlante II, che acquisti dal Monte dei Paschi la tranche più rischiosa (quella peggiore insomma…) di questi crediti deteriorati togliendoli quindi dal bilancio della banca e lasciandola così “pulita”. Ma con quali capitali il Governo pensa di costituire questo fondo, dato che non può metterceli direttamente? Per raccogliere denaro sono state coinvolte diverse realtà: la Cassa Depositi e Prestiti, alcune banche (Unicredit e Intesa), alcune grandi assicurazioni e le casse di previdenza dei liberi professionisti che sono riunite nell’Adepp e che dovrebbero conferire al fondo circa 500 milioni di euro.

Quali i rischi?

Le casse di previdenza devono occuparsi sostanzialmente di erogare le pensioni e le azioni di assistenza nei confronti dei propri iscritti (indennità di malattia o infortunio, contributi per la maternità, ecc), per garantire queste funzioni nel tempo è importante che facciano degli investimenti con un basso tasso di rischio per evitare di subire perdite poiché questo minaccia l’equilibrio finanziario della cassa e – nel caso dell’Enpap – potrebbe anche diminuire la rivalutazione dei contributi che ciascun iscritto ha versato. Insomma, investire i soldi degli iscritti per acquistare dei crediti che il mercato non vuole non sembra proprio un buon affare per le casse.

Un problema che mette ben in evidenza il Fatto Quotidiano in questo articolo che recita:

“Un classico caso di necessità che si fa virtù, insomma, nonostante l’investimento rischi sul lungo termine di assumere piuttosto le sembianze di una tassa. E le cui prospettive di ritorno fin da ora non paiono certo in linea con i “principi di prudenzialità” cui si si dovrebbero richiamare le scelte d’investimento degli istituti (le casse, appunto n.d.r.) “al fine di assicurare che l’attività sia coerente con il profilo di rischio e con la struttura temporale delle passività da esso detenute, in modo tale da assicurare l’equilibrio finanziario nonché la sicurezza, la redditività e la liquidabilità degli investimenti”

Chi ci sta e chi no

Ogni cassa deciderà dunque per sé se ritiene opportuno partecipare a questa operazione di salvataggio oppure no ma per il momento dal Cda dell’Enpap non è arrivata alcuna informazione, d’altra parte si è ancora in fase di trattativa ed è possibile che la decisione non sia ancora stata presa. Fra le casse dei professionisti però qualcuna si è già espressa annunciando la ferma intenzione di non investire i soldi dei propri iscritti in questa operazione rischiosa e poco remunerativa, è il caso degli enti di previdenza dei commercialisti, dei veterinari e di architetti-ingegnieri. In particolari i dottori commercialisti hanno inviato una lettera aperta a Renzi e al Ministro Padoan dal titolo “LE CASSE DI PREVIDENZA DEI LIBERI PROFESSIONISTI NON SONO “ UNA MUCCA DA MUNGERE “ “in cui affermano:

“La sensazione è quella che si pensi che i patrimoni della Casse di Previdenza dei Professionisti siano dei “gioiellini” del sistema previdenziale italiano in cui vi sia custodito un “tesoretto “ a cui attingere in caso di bisogno, come è stato fatto sino ad ora con la tassazione dei rendimenti degli investimenti, spending review e balzelli vari. Dimenticando, volutamente, che le Casse autonome dei professionisti sono state istituite e successivamente privatizzate per poter garantire un futuro previdenziale, senza oneri a carico dello Stato e della collettività, a tutti i professionisti che obbligatoriamente vi contribuiscono”

e ancora

Il Fondo Atlante ha come scopo il “salvataggio” di Istituti di credito in crisi e, al di là delle opportune valutazioni degli specifici strumenti di investimento, non si può pensare che questi “prodotti”, che teoricamente si portano dietro interessanti rendimenti e molto realisticamente non pochi rischi, vengano imposti (di fatto si tratta di tentativi di moral suasion) ad Enti che innanzi tutto devono limitare i rischi perché in primo luogo è il capitale che va conservato.”

Cosa può fare Cultura e Professione?

Considerato il fatto che per il momento non ci sono notizie ufficiali da parte del Cda dell’Enpap e che la prossima riunione del Consiglio di Indirizzo Generale (in cui alcuni di noi sono eletti) è prevista per il 2 di ottobre possiamo continuare a tenervi informati sulla vicenda utilizzando le notizie pubblicate dai giornali o dagli enti coinvolti. A ottobre potremo ascoltare una relazione del Presidente del Cda sulle scelte che quest’ultimo avrà preso, delle quali sicuramente vi riferiremo.