Alle Origini di Cultura e Professione

Mario Ardizzone

Alle Origini di “Cultura e Professione”

Cultura e Professione nasce nell’autunno del 1993, qualche mese prima delle votazioni per il primo Consiglio dell’Ordine del Lazio, previsto per la fine di gennaio ‘94.

Un piccolo gruppo di colleghi, da sempre molto attivi e impegnati nella professione (di psicologo), nel dibattito sulla sua immagine sociale e nella lunga battaglia per ottenere la sua configurazione anche giuridica, decide che la nascita dell’Ordine non può costituire la fine di quell’impegno, bensì un crinale importantissimo al di là del quale si colloca, immediata e stringente, la necessità di delineare con chiarezza competenze e confini della professione appena normata.

Non si può lasciare che l’Ordine divenga un organismo piatto e senz’anima, l’Ordine dovrà invece diventare uno dei luoghi fondamentali di elaborazione critica dell’identità e della cultura psicologica.

Occorre imprimere all’Ordine la direzione giusta, bisogna far sì che tutte le componenti e le articolazioni dell’operare psicologico siano rappresentate, promosse e tutelate in nome di quell’identità di base che tutte le attraversa e che di tutte costituisce il nucleo.

È così che questo piccolo gruppo decide di esporsi e di candidarsi a guidare il nascente Ordine del Lazio. Senza che ci sia tempo di organizzarsi e di darsi una struttura associativa, perché le elezioni sono alla porta.

Ci si basa soprattutto sul passaparola e, per così dire, sul volantinaggio “di prossimità”. Fino a poter organizzare un paio di riunioni preelettorali che risultano sorprendentemente affollate: la passione, come si sa, è contagiosa, circola un grande entusiasmo, e i colleghi che manifestano condivisione sono sempre più numerosi.

Cultura e Professione è convinta che il grande tema dell’identità vada di pari passo con quello dell’autonomia e con quello della responsabilità: la delineazione del Sé professionale, costantemente in movimento e incarnata nei diversi contesti sociali, economici e culturali, implica una netta e indiscutibile affermazione di autonomia nell’esercizio della professione.

Ma autonomia significa anche e soprattutto assunzione di responsabilità, nei confronti di tutti coloro che a qualunque titolo partecipano al contesto dell’intervento psicologico! E autonomia significa pure potersi porre a fondamento di un’autentica interdisciplinarietà, che non può coincidere con la dimensione confusiva e fuorviante di un indistinto “operatore unico”, troppo spesso invocato in alcune poco commendevoli prassi delle professioni d’aiuto!

Sono questi i sentimenti che animano il gruppo alla vigilia di quelle prime votazioni; e che ispirano un programma di lavoro volto a realizzare quanto prima, in concerto con il costituendo Consiglio Nazionale, un codice deontologico adeguato e congruente con il profilo di psicologo; ad incrementare qualità e quantità dei percorsi formativi e delle attività di tirocinio; a raccordare quanto più possibile pubblico e privato, lavoro dipendente e lavoro autonomo; e anche a costruire una Cassa di Previdenza in grado di garantire, in prospettiva futura, sicurezza e tutela economica a tutti i colleghi.

Per l’intero gruppo di Cultura e Professione, diventato a poco a poco un Movimento, l’identità e lo sviluppo di questo profilo professionale non sono riferibili a limitate porzioni dell’universo psicologico, ma sottendono trasversalmente modalità, contesti e interventi posti in essere dagli psicologi. Tale trasversalità è la diretta emanazione del suo nucleo identitario, a valenze apertissime e costantemente insature rispetto ai contesti plurimi dell’esperienza umana. Ed è anche uno dei maggiori motivi di complessità di questa professione.

A testimoniare tale principio è la stessa composizione delle otto candidature al Consiglio: espressione sia di lavoro autonomo che di lavoro dipendente, sia del mondo universitario che di contesti sanitari, clinici e organizzativi.

L’appuntamento elettorale del 30 gennaio (1994), al di là delle nostre più rosee aspettative, decreta il pieno successo di questa lista: gli otto candidati risultano tutti eletti, Cultura e Professione è maggioranza in Consiglio e viene dunque chiamata a governare l’Ordine del Lazio.

A questo punto ha inizio una vera lotta contro il tempo: il Consiglio dell’Ordine viene insediato in Tribunale la mattina dell’8 febbraio, e il giorno 11 marzo scadono i termini per la presentazione delle domande di riconoscimento della propria funzione psicoterapeutica da parte di quei colleghi che negli anni precedenti abbiano svolto tale attività in modo precipuo e continuativo. Sarà lo stesso Consiglio a doverne valutare la congruità e a dover deliberare, persona per persona, sui singoli riconoscimenti.

Si tratta di una data-capestro, che non ammette rinvii. E l’Ordine appena nato non dispone di denaro, non sarebbe neppure in grado d’inviare tramite raccomandata, a ciascuno degl’iscritti, il necessario invito formale a presentare domanda!

Si susseguono riunioni di maggioranza quasi tutte le sere, assemblee di Consiglio anche più volte a settimana, peregrinazioni di Presidente e Segretario presso diversi Istituti di Credito, finalmente si ottiene un finanziamento bancario, poi vengono inviate le raccomandate a tutti gl’iscritti in tempo utile perché ciascuno disponga di almeno 15 giorni prima dell’11 marzo per preparare i documenti da accludere alla domanda.

Una lunghissima maratona, ma il compito viene assolto e l’impresa è compiuta. Le domande vengono raccolte, e può avere inizio l’attività istruttoria sulle domande stesse. L’intero Consiglio collabora responsabilmente all’impresa, ma l’onere massimo ricade sugli 8 consiglieri di maggioranza e sul Direttivo che ne è espressione.

Diventa facile capire, da questo rapido spaccato, quante energie e quanto impegno siano stati necessariamente assorbiti, per tutto il corso del primo triennio, dal grande tema della funzione psicoterapeutica e dei criteri per il suo riconoscimento: criteri che si riferiscono alla valutazione di percorsi formativi e di esperienze pregresse (spesso antecedenti anche di molto rispetto all’approvazione della legge 56/89), ma che non potevano non ispirarsi a una visione complessiva e prospettica della psicoterapia, della sua collocazione e del suo futuro.

Ebbene, al di là delle differenze più o meno grandi fra i diversi modelli di psicoterapia, Cultura e Professione ha sempre ritenuto la psicoterapia quale funzione unitaria in rapporto strettissimo con la domanda sociale, e in connessione altrettanto stretta con le altre funzioni e competenze dell’universo psicologico. Era questo il principio ispiratore di allora, così come rimane questo il principio ispiratore di oggi, pur in uno scenario profondamente mutato rispetto ad allora. A lungo Cultura e Professione fu totalmente assorbita dal mandato di costruire l’Ordine, per la cui istituzione, in precedenza, era stata condotta una lotta tenace. È anche per questo motivo che né in quei primi mesi, e neppure in quei primi tre anni ci furono il tempo e le energie per dotarsi di una struttura associativa nella quale far confluire il Movimento. Questo avvenne diversi anni più tardi, e riguarda un altro pezzo di storia.

Ora, però, riavvolgendo di nuovo il nastro fino al ’94, va detto che l’aver fatto sì che il neonato Ordine sopravvivesse alla tumultuosità della sua stessa nascita (quello del Lazio fu temporalmente l’ultimo Ordine territoriale ad essere insediato, con quasi un anno di ritardo rispetto al primo) costituì per Cultura e Professione, così come lo costituisce anche oggi, motivo di grande soddisfazione e di orgoglio profondo. Ma ciò di cui andiamo ancora più fieri è la vibrante attualità, nella seconda decade di questo nuovo millennio, di quegli stessi princìpi che diedero forma e inizio all’azione ordinistica: il profondo rispetto per l’altro-da-sé; la promozione di una migliore convivenza fra le persone, nelle famiglie e all’interno delle comunità interumane; una preoccupazione sempre più responsabile verso gli ecosistemi e verso gli ambienti della nostra vita associata; il sostegno al dialogo fra differenti prospettive di pensiero e anche in presenza di drammatici contrasti affettivi. È questa la trasversalità dei luoghi professionali, che rimanda al nucleo mai saturo della nostra identità professionale. Ed è di questa trasversalità e di questa identità che Cultura e Professione intende continuare a dare attiva testimonianza, candidandosi ancora una volta a governare l’Ordine del Lazio.

Mario Ardizzone